STORIA
La chiesa di Landos è nominata per la prima volta in una bolla papale di Callisto XI nel 1120. Essa dipendeva dall’abbazia di Saint-Philibert a Tournus in Borgogna e svolgeva contestualmente la funzione di priorato e parrocchia, dipendente dal priorato di Goudet. Intorno al 1622 passò da questa al seminario di Le-Puy, che lo tenne fino alla Rivoluzione. La chiesa di Saint-Felix è un edificio romanico più volte rimaneggiato, ma di cui sussistono ad oggi la navata ed il coro del XII secolo, mentre risalgono al XV-XVI secolo le due cappelle che fiancheggiano il coro e sono aggiunte del XIX secolo quelle della navata. Mal tenuto alla metà del XX secolo, l’edificio minacciava rovina fino a che vennero intrapresi dei lavori generali di restauro negli anni 1999-2004, che hanno permesso di ristabilire le proprietà strutturali e consentito di recuperare la sua valenza storica e artistica, parzialmente sconosciuta, tra cui i decori dipinti del XVII-XIX secolo, le statue del XV, il pulpito del XIX con elementi di rimpiego del XVII.
ARCHITETTURA
La chiesa di Saint-Felix si trova ai piedi d’un rilievo che fa parte di un altopiano vulcanico e domina il borgo a 1100 m d’altitudine che si è sviluppato poco più sotto. Essa è costruita con una muratura di medie dimensioni con scorie vulcaniche tipica per le chiese romaniche del Velay, l’antica regione della diocesi di Le-Puy.
Caratteristiche comuni di molte costruzioni sono il clocher-mur (campanile massiccio sulla facciata, detto anche clocher-peigne o “a pettine”), il portico, le arcature nella navata, l’abside voltata a semicalotta e l’aggiunta posteriore di cappelle laterali. Della famiglia di queste chiese sono quelle di Bains, Chaspuzac, Vergezac e Saint-Christophe-sur-Dolaizon, che sono nelle vicinanze.
La facciata occidentale in scorie vulcaniche, alta e stretta tra due imponenti contrafforti in granito, si erge su una scalinata di nove gradini che conduce al portale a tutto sesto. Questo, strombato, con quattro ghiere rette da due colonne e due pilastrini per parte terminanti in capitelli di tipo fogliato. Un unico capitello è figurato con tre personaggi, forse Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, di fronte al Padre Eterno, nel momento del peccato originale. La penultima ghiera ha la classica forma polilobata delle chiese del Velay.
Il portale come l’ampia monofora che lo sovrasta sono leggermente decentrati nella facciata che in alto è conclusa da un arco ribassato in granito sopra il quale si erge il campanile a pettine, probabile sopraelevazione del XVI secolo, quando venne rimaneggiata la facciata.
Il fianco nord, su un terreno in decisa pendenza, è in muratura di scoria vulcanica bruna ed è scandito dalle aggiunte successive della tour-escalier per accedere al campanile e le cappelle laterali, nonché da tre contrafforti, ampliati nel XVII secolo i più possenti. La muratura varia al secondo livello dove mostra un colore più scuro, dove la pietra è ben squadrata e posata con sottili giunti di malta. Un’ampia monofora di ripristino è nella prima campata e altre due simili nelle due cappelle laterali (XIX sec).
Proseguendo la visita si giunge all’abside, poligonale all’esterno mentre è semicircolare all’interno. Questa è una caratteristica peculiare delle chiese del Velay, come la loro realizzazione in pietra lavica.
L’abside poligonale si divide in cinque pannelli lisci al cui centro è una stretta e alta monofora con forte strombatura. Anche nel fianco sud sono aggiunte due cappelle, all’altezza del coro (di epoca gotica) e dell’ultima campata (del XIX sec). Anche qui la muratura mostre stesse le variazioni del fianco nord, indicando un probabile sopraelevazione della navata, e le medesime monofore.
La pianta dell’edificio è ad aula unica di tre campate rettangolari, seguite da una campata dritta del coro e dall’abside semicircolare. In epoca gotica furono aperte due cappelle ai lati del coro, come a formare uno pseudo-transetto, mentre nel XIX secolo altre due cappelle furono aggiunte sulla terza campata in adiacenza alle precedenti. La chiesa ha una volta a botte leggermente acuta retta da arcs-doubleaux impostati su sempilastri (dosserets) con semplici capitelli a motivi geometrici o vegetali. Sui lati sono arcate longitudinali a pieno centro, di rinforzo. L’arco trionfale ha doppia ghiera impostata su semipilastri la seconda, su una coppia di colonnette pensili su mensola la prima. L’aula è completamente intonacata e dipinta di grigio chiaro, mentre di grigio scuro sono i pilastri e i sottarchi a disegnare le pietre, mentre l’arco trionfale e alcuni capitelli sono dipinti di ocra chiaro. L’abside semicircolare è volta a semicalotta (cul-de-four), priva di rilievi e modanature, intonacata e dipinta di grigio chiaro, con monofore ad ampio strombo.
Foto e testi: Paolo Salvi (eccettuate tre foto di Raymond Faure)
BIBLIOGRAFIA:
Régis THOMAS, Martin de FRAMOND, Bertrand GALLAND, ÉGLISES DE HAUTE-LOIRE, Le-Puy-en-Velay, 2015
Difficile, qui a Landos, riconosce in questa Saint-Felix le parti romaniche da quelle successive. Evidentemente la chiesa è il risultato di molti interventi di "revisione" successivi. Resta anche così, incarnata nelle pietre, la storia di un territorio, di una comunità e della sua chiesa. Anche il modo in cui la costruzione sembra aggrapparsi al terreno, e ancorarsi in esso nonostante il dislivello, ci fa ammirare questa chiesa per la sua vicenda secolare, prima ancora che per la purezza del suo stile.