ALVERNIA ROMANICA
La chiesa romanica di Saint-Menoux faceva parte di un convento benedettino costruito per accogliere i pellegrini che venivano a rendere omaggio alla tomba del vescovo bretone Menou (Menoulphe, santo mitico figlio di principi forse irlandesi, scozzesi o bretoni del VI secolo). Quest'ultimo morì nell'antica città di Mailly, poi ribattezzata Saint-Menoux, in suo omaggio. L’abbazia venne fondata verso la fine del X secolo e fu motore dello sviluppo urbano ed economico del villaggio. Importanti fiere e mercati, infatti, si tenevano nella località, grazie anche all’impegno delle badesse del convento, tanto che il borgo si sviluppò attorno alla sua abbazia. Durante la Rivoluzione, il sindaco del paese profanò le tombe delle badesse e la chiesa con un gruppo di vandali. Verrà gettato in prigione pochi mesi dopo. Sull'orlo della rovina, fu l'ispettore generale capo dei Monumenti Storici, Prosper Mérimée, a salvare la chiesa di Saint-Menoux classificandola Monumento Storico nella sua prima lista, nel 1840, per poter ottenere finanziamenti per il suo restauro.
ARCHITETTURA
La chiesa è preceduta da una galilea (nartece o portico) ed è a tre navate costituite da tre campate ineguali, coperte da volte a crociera. Esse si aprono su un transetto che, sulla crociera, è coperto da una cupola su pennacchi sferici, al di sopra della quale si erge la torre campanaria. Ad oriente una campata dritta del coro seguita dall’abside, tutta circondata dal deambulatorio, su cui si aprono cinque cappelle radiali, semicircolari, tranne quella assiale, quadrangolare come a Souvigny (Allier) e ad Issoire (Puy-de-Dôme).
La facciata occidentale dell’avancorpo, il nartece, che si erge slanciata su un’alta scalinata alla sommità della collina, è rimaneggiata, ma la muratura in pietre di modeste dimensioni è originale. Un ampio portale a tutto sesto con semplice ghiera priva di modanature è fiancheggiato da possenti contrafforti ed è sormontato da una cornice orizzontale su mensole e, in alto, da un’ampia monofora contornata da una cornice à billettes. Nei lati della facciata, due sottilissime monofore sono della primitiva costruzione della fine del X secolo, mentre la monofora centrale, in alto, è più recente, della metà del XII secolo come il resto dell’organismo.
All’interno del nartece le tre navate sono coperte da volta a botte contemporanea alla monofora assiale. Solamente il primo registro è originale alla primitiva costruzione che poteva essere in origine conclusa da una copertura lignea a vista. Le grandi arcate dai conci spessi sono sostenute da colonne addossate a lesene e da pilastri circolari. Le basi sono attiche, senza essere classiche e il primo livello è sormontato da una cornice à billettes e a punte di diamante. I capitelli sono di tipo fitomorfo, ornati da decori geometrici, intrecci viminei e figure, maschere che emergono dal fogliame. Lateralmente le pareti sono scandite da arcate cieche su semicolonne addossate su pilastrini. L’uso dei pilastrini (dosserets), degli ampi conci cuneiformi, d’una scultura in via di espansione, come delle colonnette ad inquadrare le monofore, spingono a datare la parte antistante la navata alla prima metà del XII secolo. La galilea serve attualmente da lapidario con sarcofagi, parti scultoree.
Oltrepassato il portale, si accede alla chiesa analogamente divise in tre navate, di tre campate, divise da ampie arcate acute longitudinali, rette in parte da semicolonne romaniche in parte da semplici pilastri poligonali di epoca gotica.
Le volte a crociera costolonata sulla navata maggiore, sono impiegate anche in quella di destra, mentre la navata sinistra e coperta dall’originaria volta a botte. Esse furono ricostruite nel XV secolo, come i sostegni e le monofore. Nonostante i ripetuti rimaneggiamenti le murature e le forature datano presumibilmente alla prima metà dell’XI secolo.
Ad est, il transetto non sporgente e molto elevato con la sua crociera coperta da cupola che è sormontata da una tour-lanterne gotica. Segue il coro con due campate rettilinee voltate a botte archiacuta sorrette da arcs-doubleaux (sottarchi). Ma per quanto nel coro e nel deambulatorio le arcate siano ogivali, l’atmosfera è ancora pienamente romanica.
Le volta a botte ogivale del coro e quelle a crociera ai suoi lati la collocano al terzo quarto del XII secolo, allo stesso momento nel quale venne ricostruito il coro dell’abbaziale di Souvigny.
La qualità della muratura in grés, della scultura e del partito architetturale sono legati alla tradizione costruttiva cluniacense: l’illuminazione diretta della navata, l’uso di pilastri scanalati con riferimento all’architettura classica, le modanature e i decori delle ghiere degli archi, come le cornici à billettes rimandano ampiamente all’architettura borgognona.
Il partito decorativo all’interno è particolarmente ricco e variegato: una cornice geometrica a nastro corre lungo sotto tutto il claristorio del coro ed è sormontata da una cornice ad ovoli a formare una mensola d’appoggio delle aperture. In alto, sopra le finestrature formate da monofore ravvicinate ed inquadrate da colonnette, corre una altra cornice, stavolta à damier (scacchiera), sulla quale s’imposta la volta.
I capitelli del coro mostrano la stessa ricchezza di decori in particolare nelle greche che adornano gli abachi (talloir), da quelle della classicità greca, agli ovoli, ad altre geometriche più recenti.
Nel deambulatorio le quattro cappelle radiali semicilindriche sono rischiarate ognuna da tre monofore, fiancheggiate da colonnette con capitellini ornati di fogliame o di animali di fattura incisiva, e sono separate tra loro da una monofora a tutto sesto sotto un fregio di palmette.
Anche i capitelli mostrano una varietà compositiva con prevalenza di quelli pseudo corinzi e dai caratteri fitomorfi, anche piegati ad un disegno puramente geometrico: intrecci viminei e vegetali, palmette finemente perlate, acanto con all’estremità delle testine animali o di mostri. Un capitello sul lato meridionale mostra due uccelli contrapposti intenti a beccare grappoli d’uva, un altro in alto mostra due personaggi e un piccolo quadrupede. Sul lato settentrionale, altri mostrano un notevole vigore d’esecuzione: maschere vomitanti fogliami o nastri flessibili, grifoni che si abbeverano al medesimo calice, personaggi che lottano con un grifone o ancora piccole testine di animali, probabilmente felini, che sbucano tra il rigoglioso fogliame.
Un elemento molto particolare e curioso è il famoso “débredinoire de Saint-Menoux”, un sarcofago con le spoglie del Santo con aperture in cui le persone semplici potevano inserire la testa per recuperare la sanità mentale (un "bredin" è un ingenuo nella lingua del bourbonnais). All’esterno la parte absidale è senza dubbio l’esempio più elaborato e prezioso nell’Allier. L’alta abside che si erge sopra il livello del deambulatorio e delle absidiole s’impone regalmente, nonostante la sua decorazione sia sobria; modiglioni à copeaux a reggere le cornici di gronda, una cornice à billettes continua a contornare le monofore, unendole, ad ogni piano; pilastri scanalati sul piano absidale e semicolonne a scandire le absidiole coronate da capitelli fitomorfi; e, in alto, la tour-clocher, quadrata, ricostruita nel XIII secolo, a dominare il tutto.
Testo e fotografie: Paolo Salvi
Sitografia:
Bibliografia:
Jean Dupont, NIVERNAIS BOURBONNAIS ROMAN, Zodiaque, 1976
Bruno Phalip, AUVERGNE ROMANE, Editions Faton, 2013