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  • Immagine del redattoreAlessandro Salvi

BRIOUDE (Haute-Loire, 43, Alvernia), Basilique Saint-Julien

Aggiornamento: 24 feb 2023

BRIOUDE, Basilique de Saint-Julien

La basilica di Saint-Julien di Brioude è una delle chiese più originali d’Alvernia, essendo stata costruita in un periodo piuttosto lungo e quindi non seguendo rigorosamente un progetto originario.



Essa venne realizzata per ricordare il santo martire locale, secondo in Francia solo a San Martino per popolarità. Secondo la tradizione, Giuliano, soldato romano di fede cristiana agli ordini del tribuno cristiano Ferréol, nel 304 venne da questi invitato a fuggire per salvarsi dalla persecuzione. Raggiunto nei pressi di Brioude dai soldati romani venne da essi decapitato nei pressi di una fonte, arrossando col suo sangue la sorgente. La testa venne portata a Vienne e mostrata a Ferréol prima del suo supplizio. Il corpo di Giuliano abbandonato venne seppellito lungo la strada principale della borgata di Brioude da due vegliardi impietositi che per miracolo ringiovanirono. Mentre a Vienne i cristiani seppellivano nella stessa tomba il corpo di Ferréol e la testa di Julien. Le loro spoglie vennero ritrovate da Saint-Mamert, vescovo di Vienne, nel 475 durante la traslazione del corpo di Saint-Ferréol. Il culto di Saint-Julien era già diffuso nel 431 e la rinomanza è confermata nel 456 quando Avitus, uno degli ultimi imperatori romani, originario dell’Alvernia, chiese di essere sepolto presso la tomba del martire. Ai tempi di Gregorio di Tours i pellegrinaggi erano assai partecipati tanto che non tutti riuscivano ad entrare nella grande chiesa e si racconta che il vescovo di Clermont ogni anno guidava quello dal centro vescovile, lungo addirittura 60 km. Nel 532 il re merovingio Thierry conferma i privilegi alla basilica di Brioude.

STORIA Nel 389 esisteva un martyrium dedicato a Saint-Julien, come ricorda Gregorio di Tours, storico e vescovo di Tours del VI secolo. Questa prima costruzione venne rimpiazzata da una basilica nel ultimo quarto del V secolo come testimonia lo stesso Gregorio che la vide. La basilica venne in parte distrutta dagli Arabi nell’VIII secolo. All’inizio del IX secolo la basilica fu innalzata da Béranger, conte di Tolosa e conte beneficiario d'Auvergne, che iniziò i lavori intorno all'820, e fondò il Capitolo di Brioude, confermato da Luigi il Pio nell’825. I canonici del capitolo ottennero la signoria su Brioude, che conservarono fino alla Rivoluzione. La regola che seguivano era simile a quella dei monaci benedettini. Grazie ai privilegi assegnati da Pipino I d’Aquitania (836) e da Carlo il Calvo (874) il capitolo divenne ricco e potente, attirando le attenzioni e la concupiscenza di molti. I lavori furono completati nell'893 da Guglielmo il Pio, duca d'Aquitania, fondatore di Cluny, che lo resse dall’893 alla sua morte nel 917. Nel 924 e nel 927 la chiesa fu nuovamente distrutta dai Normanni. La realizzazione della nuova basilica, che seguiva in gran parte il perimetro della costruzione precedente, durò oltre un secolo a partire dalla fine dell’XI e fino al XIII secolo. Curiosamente i lavori procedettero prima dall’attuale facciata verso il coro (1060-1150), congiungendosi alla parte preesistente, quindi dal nuovo coro verso il centro dell’attuale chiesa (1165-1180). Il nartece risale alla fine dell'XI secolo (1060 circa), mentre la tribuna del nartece e le prime due campate della navata sud vennero realizzate intorno al 1100-1120. Quindi i lavori proseguirono con il portico sud e l’elevazione delle prime quattro campate della navata centrale e laterali (1130 circa). Alla metà del XII secolo risale la cupola della galleria del nartece, e alla fine del XII secolo il portico nord, quinta campata della navata, crociera, lanterna del transetto con la sua torre ottagonale, e il coro. Alla metà del XIII secolo (1259 circa) risalgono le volte a crociera ogivali della quarta e quinta campata della navata, mentre al XIV secolo le volte delle prime tre campate e le relative finestre. La Rivoluzione francese portò i consueti danni: nel 1793 venne distrutta la torre quadrata e venne demolita la guglia della torre ottagonale, alta 33 metri. La torre quadrata del nartece venne ricostruita dall’architetto Bravard, nella campagna di lavori tra il 1848 e il 1850, il quale rivestì anche la navata centrale e le navate laterali. Tra il 1862 e il 1864 l'architetto Mallay consolidò il campanile ottagonale che sormonta la crociera del transetto e realizzò la guglia. Nel 1907 iniziò il recupero degli affreschi delle absidi, che proseguì nel 1957 con quelli della navata. Nel 1964 viene ripristinata la vecchia pavimentazione in ciottoli policromi scoperta 40 cm sotto quella realizzata successivamente.

ARCHITETTURA La chiesa mostra una curiosa orientazione verso nord-est, probabilmente dovuta alla conservazione del preesistente tracciato, legato alla tomba del martire Saint-Julien. Il luogo della tomba dovrebbe essere riconducibile alla pseudo-cripta che si trova dietro all’altare, che si configura come una piccola sala interrata di 7,40 x 5,40 m terminante in un’abside semicircolare. A parti antiche sono stati addossati pilatri che reggono volte del XVI-XVII secolo. La planimetria della chiesa è semplice, basilicale a tre navate preceduta da un nartece, che rappresenta una delle parti più significative dell’edificio. Il transetto non si evince dalla planimetria, ma solo dall’alzato ed esternamente. Il coro con deambulatorio e cappelle radiali avvolge il piccolo santuario delimitato da quattro colonne che circondano l’altare. La chiesa misura 74,15 m di lunghezza che ne fanno la maggiore dell’Alvernia, mentre la larghezza è di 20,10 m. Al contrario di ciò la navata maggiore è relativamente stretta (6,50 m), rispetto all’omologa di Orcival (6,62 m) e soprattutto di Issoire (7,80 m).

Una caratteristica affascinante di Saint-Julien è la policromia dovuta all’utilizzo di vari tipi di pietra che la definiscono in modo coloristicamente estremamente variegato: sono l’arenaria rossa d’Allevier, gres calcareo di Beaumont, basalto nero, bruno o sfumato di rosso de La Verguer, granulite di Saint-Just e marmo grigio o rosa di Lauriat. I lavori di restauro (1957) hanno spogliato la chiesa dei rivestimenti successivi e ne hanno messo in luce il paramento murario: queste pietre così differenti sono assemblate in modo sicuro ma non eccessivamente rigoroso, soprattutto nella prima campata della navata, mentre nel coro il cromatismo tipico dell’epoca precedente evidentemente era passato di moda. Il nartece è costituto da due livelli, inferiore e superiore, entrambi che si aprono sulla navata grazie a tre grandi arcate; quelle inferiori sono meno regolari e costituite da conci più piccoli, mentre al piano superiore sono di taglia maggiore tutte di arenaria rosa di grana fina. I capitelli sono analoghi e della stessa epoca di quelli del portico sud e non sono di reimpiego. I grandi pilastri cruciformi con semicolonne addossate sono robusti a sufficienza per sorreggere la soprastante torre campanaria. Il nartece è coperto al centro da una volta a crociera mentre nelle campate laterali da volte a botte compenetrate. Il paramento della facciata non è originale in quanto l’architetto Mallay lo restaurò dopo il 1850 inserendo tre portali neoromanici, mentre è originale la scala in spessore di muro che permette di accedere alla tribuna sopra il nartece. Queste pareti sono fatte in pietra tagliata a martello con una tecnica preromanica. Le lunghe navate di Brioude sono scandite da soli otto pilastri cruciformi, che vengono a formare campate pressoché quadrate, alquanto irregolari, probabilmente perché condizionate dallo sviluppo delle preesistenze. Questi slanciati sostegni sono costituiti da un massiccio nucleo quadrato (1,42 m) su cui sono innestate quattro semicolonne della medesima altezza, 11 m capitello incluso. La navata maggiore a seguito della sopraelevazione delle volte nel XIII secolo e l’apertura delle ampie finestre è illuminata in modo inusitato per i costruttori d’epoca romanica. Questa luce mette in risalto una delle particolarità principali della basilica ovvero la policromia dei paramenti murari, che si dipana così sapientemente quasi in ogni parte della chiesa, così come il bel pavimento del XVI secolo. Le grandi arcate a doppia ghiera sono costituite da conci tagliati con estrema regolarità nel tufo ocra o rosso-ocra che dona calore alle opere murarie di Saint-Julien. Le navate minori sono di larghezza eccezionale (5,30 m) e sono coperte da volte a crociera ben apparecchiate scandite da arcate trasverse leggermente acute, impostate sulla semicolonna del pilastro cruciforme e su una corrispondente semicolonna addossata al muro perimetrale. Nella quinta campata, la più recente, abbiamo un cambiamento radicale dello stile prossimo ormai al gotico. Il coro, elevato alla fine del XII secolo, ha ancora un impianto di epoca romanica, pur avendo nelle arcate tracce più prossime al gotico. Il santuario, poco profondo, si sviluppa in un emiciclo delimitato da solo quattro colonne, con ampie arcate a sesto acuto. Il deambulatorio, molto largo, dalla muratura apparecchiata con cura e abilità considerevoli, è coperto da volta a botte anulare e su di esso si aprono cinque cappelle radiali. Le finestre accolgono un’abbondante decorazione e sono definite da file di quattro colonnette che sostengono doppie arcature toriche. Sotto di esse sono doppie arcate trilobate e una fascia decorata a motivi vari, fogliami, intrecci vegetali, palmette, che si distende lungo tutte le cappelle, dando una nota di raffinatezza al coro che non appare certo austero. Lo spazio antistante il coro, la crociera, sulla quale insiste la tour-lanterne, è dominata dalle tribune poste sulle adiacenti navate laterali.

SCULTURA Tanto poco è omogenea l’architettura, così poco omogenea è la scultura, che si è sviluppata nel corso di oltre due secoli ed ha visto almeno sei atelier alternarsi nei lavori. Queste officine di maestranze di lapicidi sono identificabili in parti ben definite e riconoscibili della fabbrica, individuate dal periodo di costruzione. Sorprende che i soggetti raffigurati non rimandino alla Bibbia, al Vangelo o allo stesso Saint-Julien, di cui ce n’è un solo esempio nel coro. Ma tutte le immagini raffigurate presentano i temi tipici della scultura romanica alverniate: il portatore di montoni, la scimmia, la punizione dell’usuraio. Diversi capitelli raffigurano fogliame, intrecci vegetali e non, testine di maschere tragiche o centauri che raccolgono frutta, geni a cavallo di leoni, angeli evangelisti, cavalieri in elmo e corazza. Tutti capitelli che si dipanano perlopiù nella posizione originale sulle semicolonne delle navate, mentre solo alcuni sono di reimpiego. La scultura di Brioude sembra discendere da modelli di Mozat, caposaldo della scultura romanica in Alvernia, probabilmente mediati dalla vicina Chanteuges, dove nelle Prieuré di Saint-Marcellin gli stessi atelier lavorarono a partire dal 1140.

PITTURA La basilica di Brioude era presumibilmente in gran parte affrescata, mascherando la bellezza policromatica dei paramenti murari. Prima del 1957 solo la cappella di Saint-Michel, al primo piano del nartece, appariva completamente affrescata, ma in quell’anno le pareti vennero spogliate dei rivestimenti successivi e vennero alla luce, purtroppo in gran parte allo stato di lacerti, oltre 140 mq di affreschi di epoca romanica. La cappella di Saint-Michel invece ha subito nell’Ottocento pesanti restauri che ne hanno alterato in parte l’originalità. Sulla volta troneggia un Cristo in Maestà, attorniato dai simboli dei Quattro Evangelisti. Attorno si distende una moltitudine di Angeli, circa un centinaio, dai quali si staccano San Michele e San Gabriele che soprintendono all’esecuzione della sentenza divina. Sulla parete nord sono raffigurati gli Inferi, con un Satana gigantesco, livido, lambito da fiamme rosse. Il diavolo è raffigurato mentre cade e il frescante è riuscito a mostrarne realisticamente il movimento. Intorno alle finestre è raffigurata la lotta tra il Vizio e la Virtù, la vittoria dell’Umiltà sull’Orgoglio, della Pazienza sulla Collera, della Carità sulla Cupidigia. Attorno alla finestra ad ovest sono raffigurate la Fede, la Speranza e la Carità. Un tema assai raro è raffigurato sulla parete ovest, da una parte e dall’altra della finestra, due eletti in costume cerimoniale ricevono la corona degli eletti. Lungo tutta la cappella corre un fregio sul quale si vedono degli atlanti, dei lavoratori che trasportano travi, degli strumenti da lavoro. Nella navata le pitture riscoperte dopo il 1957 raffigurano nella prima campata a nord due colossali arcangeli, uno è San Michele, visti frontalmente ad ali spiegate. Purtroppo rimane solo la parte superiore del corpo, il viso molto bello dalla posa ieratica. Tali raffigurazioni sono ammirevoli anche per i colori, particolarmente nelle ali, un grigio tenue e un rosso smorzato. Una fascia decorativa formata da un nastro prospetticamente piegato su fondo nero separa il registro inferiore dove sono raffigurati animali di grandi dimensioni: due cavalli affrontati di cui uno conserva una testa ben disegnata, dagli occhi a mandorla e le grandi pupille blu, mentre la criniera si muove al vento. Su tre file di pilastri cominciando dal nartece si conservano frammenti di affreschi. Essi raffigurano nastri, intrecci, drappeggi, bestiario reale o immaginario. Sulla colonna centrale verso sud del nartece una raffigurazione strana: due cinocefali affrontati in abiti color viola su sfondo rosa. Seguono poi dei personaggi dall’aspetto caricaturale, dai netti contorni scuri, un volto visto di profilo con le labbra serrate a mo’ di becco, il mento sporgente e l’occhio a mandorla ampio e bianco con una grossa pupilla nera, come un moderno fumetto. Poi su un altro pilastro una scena enigmatica di un cavaliere disarcionato dal proprio cavallo. Gli affreschi della navata sembrano anteriori al 1150.

ESTERNO La facciata occidentale venne restaurata intorno alla metà dell’Ottocento con la realizzazione di tre portali, così come sui muri laterali vennero rifatte le cornici sottogronda con le 250 mensole tutte identiche, di pura invenzione. Le parti originali sono piuttosto riconducibili al portico sud, portico nord e la zona absidale. Il portico sud venne costruito alla fine dell’XI secolo, davanti ad un portale più antico con architrave cuspidato. È contemporaneo al piano inferiore del nartece, come si evince dai capitelli delle arcate, praticamente identici. Il portale conserva i suoi battenti lignei antichi, una volta ricoperti di pelle, di cui rimangono pochissimi frammenti. Le ante, ancora dotate dell’originaria ferramenta, conservano, ed è raro per la Francia, i battenti bronzei, raffiguranti un muso di leone ed una testa di scimmia assai umanizzata, contornate da un disco di bronzo recante un’iscrizione che ne permette di apprezzare il significato simbolico: il leone rappresenta Gesù risorto e quindi la Salvezza, mentre la scimmia è simbolo del peccato. Tali opere scultoree sono firmate dall’iscrizione “GIRA(L)DUS ME FECIT”. Il portico nord, simmetrico al precedente e disposto in asse con la seconda campata della navata, è anch’esso a due piani ed analogamente antistante ad un portale preesistente. La facciata, molto semplice, che ingloba i due piani, ha al piano inferiore un’unica ampia arcata ed al superiore una larga finestra ad arco a pieno centro, sotto una decorazione a mosaico in pietre policrome (gialle, nere, ocra-rosso, bianco), tagliate a triangoli, losanghe, rombi o parallelogrammi. Di particolare interesse il portale della costruzione precedente dall’architrave cuspidata, costituita da 18 pietre assemblate alternativamente rosa e bianche. Nel timpano era raffigurata una grande Ascensione di cui restano poche tracce. Il corpo absidale rispecchia la tipologia delle chiese alverniati della Limagne, ma ne semplifica lo sviluppo, su due livelli soltanto e si appoggia semplicemente al transetto preesistente che risulta un corpo a sé stante, come si evidenzia dalla muratura. Le cinque cappelle radiali sono unite da una cornice continua che le avvolge. La decorazione che si dipana a livello delle finestre e sotto la gronda si stacca dalle coeve architetture della bassa Alvernia. Le cappelle sono illuminate e decorate da ampie finestre leggermente arretrate inquadrate da esili colonnette. Queste sono sormontate da capitelli di soggetto molto vario (sirene, ippogrifi, dragoni dal lungo collo intrecciati, angeli inginocchiati in preghiera) e sorreggono archi a ghiera torica multipla. Tra i vari capitelli uno particolarmente sorprende: due galli affrontati dalla coda eretta, il corpo piumato ed una testa umana barbuta. Le mensole che sorreggono la cornice di gronda, circa 105, raffigurano soprattutto testine umane e di animali, ma rispetto all’Alta Alvernia qui già si respira il vento del gotico e l’ispirazione fantastica è misurata. Una sola mensola mostra un personaggio a figura intera: Davide che smascella il leone. Il piano superiore è definito da una serie di tre arcate cieche, la centrale delle quali più alta ed aperta da una finestra. Esse sono divise in cinque gruppi da semicolonne più tozze. Superiormente corre una fascia sottogronda mosaicata da caratteristiche pietre policrome geometriche a disegnare rosette stellate come nell’abside di Issoire, ma più grandi e più complesse. Il capocroce si addossa ad un alto muro massiccio in pietra ocra che costituisce il preesistente transetto, massiccio e forato da piccole aperture disassate, dall’aspetto di fortificato. I tetti originariamente in tegole, erano stati ricoperti da lastre di ardesia; restauri recenti li hanno riportati all’aspetto primitivo. Durante la Rivoluzione il campanile era stato risparmiato, ad eccezione della guglia, ma lo stato di degrado aveva spinto Mallay dopo il 1850 a ricostruirlo.


Bibliografia:

Bernard CRAPLET, AUVERGNE ROMANE, coll. La nuit des temps, 1992, La Pierre-qui-Vire, Éditions Léon Zygmunt SWIECHOWSKI, SCULPTURE ROMANE EN AUVERGNE, coll. La Bibliophilie en Auvergne XVI, 1973, De Bussac, Clermont Ferrand Jacques LOUBATIERE, BIBLE de l’ART ROMAN, 2010, p. 98-101 Jacques BAUDOIN, AUVERGNE, TERRE ROMANE, 1993, p. 93 Francis DEBAISIEUX e altri, LES TRESORS DE L’AUVERGNE ROMANE, 2008, p. 114-115 Bruno PHALIP, L’ART ROMAN EN AUVERGNE – Un autre regard, 2003, Éditions Créer, p.96-104 (ISBN: 978-2-84819-003-7) Francoise LERICHE-ANDRIEU, ITINERAIRES ROMANS EN AUVERGNE, coll. Les travaux des mois, 1978, p-90-91 Sitografia:

Brioude – Abbaye de Lavaudieu

Wikipedia: Basilique Saint-Julien de Brioude

Ministero della Cultura Francese - Basilique Saint-Julien à Brioude



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