IL ROMANICO IN LOMBARDIA - COMO - di Francesco Sala
CANTU' (loc. Galliano), San Vincenzo
Ci troviamo di fronte a una delle quattro chiese battesimali della Lombardia arrivate, pressoché integre, sino a noi (ricordo le altre: San Vittore ad Arsago Seprio, San Pietro ad Agliate e Santa Maria Maggiore a Lomello).
Iniziamo la nostra visita di questo famosissimo monumento dalla chiesa che, come si presenta a noi, porta i segni della capacità distruttiva degli uomini: infatti nel 1801 fu sconsacrata e venduta a privati. Ridotta ad abitazione colonica, fu svuotata e risistemata internamente con divisori, tramezzi, soppalchi e stalla. Nel 1835 crollò la navata laterale destra e in fase di restauro si preferì (fortunatamente) non ricostruirla e lasciare in vista la ferita, utilizzando solo delle vetrate come chiusura. Solo nel 1910, acquistata dal Comune di Cantù, vennero iniziati i primi restauri.
La data della sua consacrazione è 1007, al termine di lavori di ricostruzione voluti da Ariberto d'Intimiano, all'epoca Suddiacono della chiesa milanese, ma già avviato a diventare nel 1018 Vescovo di Milano.. La facciata è semplice e priva di decorazioni, solo tre aperture, a parte il portale, una a croce,, un oculo e una monofora: il fianco superstite è in ciottoli e pietre grezze in abbondante malta con un motivo decorativo composto da un rombo incavato fra i vani delle finestre, murate, per far posto al ciclo di affreschi che troveremo nell'interno. L'abside si staglia nettamente dal corpo della chiesa ed è percorsa da arcatelle cieche piuttosto larghe che richiamano modelli arcaici. I costruttori non hanno ancora "inventato" i piccoli archetti di coronamento che caratterizzeranno, dal punto di vista decorativo, pressoché tutte le chiese romaniche. Entrando in basilica ciò che cattura subito l'attenzione sono gli stupendi cicli di affreschi che si stendono sia sulle pareti della navata sia sul catino absidale, e iniziamo la nostra visita proprio dall'abside: la prima osservazione è una curiosità iconografica, Cristo porta i sandali, alla bizantina. Ai lati della Mandorla, in basso, ci sono due figure di anziani: i Profeti Geremia ed Ezechiele, mostrerò un particolare di Ezechiele e, al di sopra, schiere di Santi e l'Arcangelo Michele. Nella zona inferiore dell'abside troviamo un breve ciclo di Storie di San Vincenzo, a cui la basilica è dedicata: la Fustigazione, il Martirio (dove il Santo viene cosparso di piombo fuso) e la Leggenda del Ritrovamento del corpo e della Sepoltura. A destra, sul lato estremo della conca absidale, vediamo la figura di San Adeodato che presenta al Cristo il committente della chiesa Ariberto e, fra i due, la nicchia eucaristica sormontata da un Angelo ad ali spiegate ed infine la figura di Ariberto con in mano il modellino dell'edificio. Strettamente connesse con la conca absidale solo le raffigurazione sull'Arco Trionfale chiuse in alto da una fascia a meandro prospettico. Nel pennacchio di sinistra è affrescato Elia che ascende al Cielo sul carro di fuoco e sulla destra, poco leggibile, l'episodio di Eliseo che riceve il manto del Profeta. Sulla parete meridionale, su tre registri, sono illustrate Storie di Sansone (nella prima in alto) e di San Cristoforo (nelle altre due). Sulla parete settentrionale, sempre suddivisa in tre fasce, si svolgono le Storie della Genesi (nella prima in alto) Storie di Giuditta e Oloferne (in quella mediana) mentre gli affreschi dell'ultima fascia sono dedicati alla Vita di Santa Margherita d'Antiochia di Pisidia. I riquadri meglio conservati raffigurano un gruppo di guerrieri nelle Storie di Giuditta e Oloferne e uomini a cavallo (famosissimo e pubblicato su tutti i libri di Storia dell'Arte) nelle Storie di Santa Margherita. Prima di scendere in cripta osserviamo l'Ambone che in origine era tutto affrescato con varie figure e oggi tutte perdute a parte che sul lato verso la scala che sale al presbiterio dove si vedono ancora gli avanzi di due dei quattro Evangelisti: il Toro-Luca e il Leone-Marco e a sostegno dell'Ambone due semicolonne in pietra con capitelli scolpiti.
La cripta, ad oratorio, appartiene alla riedificazione della basilica voluta da Ariberto ed è caratterizzata da quattro colonnine con capitelli, in marmo bianco di Musso, risalenti, molto probabilmente, all'edificio paleocristiano e, date le dimensioni, potrebbero essere state il sostegno di un Ciborio. Conserva affreschi sui pilastri addossati alle pareti con le immagini di un Santo Vescovo, un Santo con un libro chiuso in mano e una Santa con tunica a strisce bianche e rosse.
CANTU' (loc. Galliano), Battistero di San Giovanni
la sua edificazione potrebbe essere di qualche anno posteriore a quella della Basilica e potrebbe appartenere al periodo in cui Ariberto era già vescovo di Milano. Visto esternamente sembra quasi un edificio privo di forme, come se si fosse voluto nascondere il gioco delle rientranze e sporgenze che esistono in pianta e che sono evidenti all'interno, non apprezziamo così il ritmo delle quattro nicchie semicircolari e il perimetro dell'edificio segue una linea sinuosa continua. Il monumento ha due peculiarità: la prima è l'Atrio d'ingresso, che si trova raramente in altri edifici coevi e l'altro è la comparsa dei Matronei che, in questo caso, sembrano più aperture scavate in spessore di muro che le aeree gallerie che spesso troviamo in edifici romanici a pianta centrale (vedi il Battistero di Arsago Seprio e il San Tommaso in Lemine ad Almenno). Il monumento, all'interno, si conclude con una cupola ad otto spicchi a cui corrisponde all'esterno un tiburio a forma ottagonale forato da bifore con colonnina a capitello a gruccia.
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