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  • Immagine del redattorePaolo Salvi

PEBRAC (Haute-Loire, 43, Auvergne), Abbatiale Notre-Dame

L'abbazia di Pebrac nel paesaggio della valle della Desges

STORIA L’abbazia di Notre-Dame de Pebrac venne fondata nel 1062 da Pierre de Chavanon, dei canonici regolari di Sant’Agostino.   Il suo fondatore venne canonizzato alla sua morte, intorno al 1080, sulla spinta del fervore popolare e le sue reliquie furono oggetto del culto locale. Essa costituiva una rete di una trentina di priorati nelle diocesi di Clermont, Le-Puy, Mende e Viviers. Nel 1097 papa Urbano II erige il monastero in abbazia. Nel 1272 Guillaume de Mauzac ingrandisce l’abbazia romanica, seguito da Gilbert de Miremont (entro il1314), costruendo il coro attuale. Nel XIV secolo conobbe una fase di declino conseguente a ragioni politiche, ma anche a fenomeni di nepotismo di qualche famiglia che deteneva il seggio abbaziale.            Una fase di apogeo economico nel XV secolo sotto tre abati della famiglia Flaghac consenti, tra il 1438 e il 1525, di ricostruire l’insieme di edifici abbaziali, con una nuova consacrazione nel 1494, cui seguì una riforma della vita conventuale. Nel 1516 l’abbazia decadde in commenda ed il primo abate commendatario fu il vescovo di Limoges, Jean de Langhac, che fece ricostruire il chiostro.         Nel 1649 venne ceduta alla Congregazione dei Genoveffani, facente capo all'abbazia parigina di Santa Genoveffa, il cui prestigio derivava dal fatto di conservare le spoglie di Clodoveo e della santa patrona della capitale francese.    L’abbazia venne soppressa durante la Rivoluzione e decadde a parrocchiale.      

Soggetta ad un grave degrado, nel 1974 venne ripulito l’interno e poi dal 1980 venne sottoposta a lavori di restauro sotto l’impulso dell’associazione Amici di Pebrac, a cui ne seguirono altri nel 1993. Infine, nel 1997 venne ricostituito il Tesoro dell’abbazia.

Il transetto ed il coro a terminazione piana

ARCHITETTURA Situata in una vallata laterale di un affluente dell’Allier, la Desges, questo piccolo borgo medievale di 125 anime, in leggero declivio, è dominato dalla mole massiccia dell’abbazia di Notre-Dame. La chiesa, perfettamente orientata, è costruita utilizzando scisti e gneiss ed è a pianta a croce latina con navata di due campate rettangolari in senso trasversale all’asse, un transetto e da un coro a terminazione piana, sempre di due campate. I molti rimaneggiamenti che ha subito nel corso dei secoli, dovuti in parte ai ripetuti cedimenti del terreno, comportarono la costruzione di possenti contrafforti, entro cui vennero aggiunte delle cappelle laterali, sia ai lati del coro sia della navata. L’aspetto d’insieme della chiesa è dovuto all’opera degli abati de Flaghac, di cui sono onnipresenti le insegne, che realizzarono le parti alte dell’edificio, il campanile, tre cappelle laterali e la terminazione piana del coro.             Il coro di due campate risale ai lavori di Guillaume de Mauzat e Gilbert de Miremont (1270-1314). Sulla parete della terminazione piana si apre un’ampia bifora archiacuta, le cui vetrate sono state restaurate nel XIX secolo. La navata era coperta da volte ogivali su costoloni, che nel 1847 cedettero e vennero ricostruite su archi e nervature in legno per alleggerire il peso sulle strutture murarie. Anche tali volte lignee nel 1947 crollarono e furono sostituite da un solaio in legno.  


Capitello sulla prima semicolonna della navata, a sinistra

Le campate della navata, di costruzione romanica, sono leggermente ruotate rispetto all’asse della chiesa e i semipilastri che reggono gli arconi trasversali sono sfalsati tra muro settentrionale e meridionale. Permangono dell’epoca romanica nella prima campata finestre e semicolonne con capitelli figurati con una testa mostruosa dalla cui bocca escono dei serpenti. La navata e il coro sono separate da un falso transetto non sporgente.  La facciata, come le prime campate, è leggermente ruotata rispetto all’asse della chiesa ed è serrata da due torri che la rinforzano agli angoli, poste in diagonale. Essa è stretta e slanciata ed aperta da un  a tutto sesto, senza lunetta, posto in cima ad una ripida scalinata, sopra al quale è un’allungata ed ampia monofora sempre a tutto sesto, ed è conclusa in alto dal timpano sotto cui corre un’insolita balconata lignea a collegare le due torri. 


Foto e testi: Paolo Salvi


BIBLIOGRAFIA:

Régis THOMAS, Martin de FRAMOND, Bertrand GALLAND, ÉGLISES DE HAUTE-LOIRE,     Le-Puy-en-Velay, 2015







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